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Le colline della Val Chiavenna, valle che prende il nome dal fiume che la attraversa, sono modellate sugli strati depositati in un periodo di tempo che va da cinque a circa un milione e mezzo di anni fa, in un braccio di mare che comunicava con l’odierno Adriatico. Le colline, infatti, fanno parte della Riserva geologica naturale del Piacenziano, zona regionale protetta istituita nel 1995 che comprende, su 312 ettari di superficie, nove stazioni localizzate nei territori di Lugagnano Val d’Arda, Castell’Arquato, Gropparello, Vernasca e Carpaneto Piacentino e che è ricca di affioramenti di rocce sedimentarie con un’età che varia tra i tre milioni e mezzo e un milione e ottocentomila anni fa. Nei secoli passati la Riserva e i suoi fossili sono stati oggetto di studio di Leonardo Da Vinci che ne ha lasciato segno nel 1482 nel Codice Leicester, folio 9 verso, dove recita: “Vedesi inelle montagnje di Parma e Piacçtia le moltitudine denjchi e coralli intarlati ancora apichati alli sassi de’ quali quandi o facevo il gran cavallo di Mjlano, nene fu portato ungrâ sacho nella mja fabricha da certi villanj che intal loco furô trovatj fralli qualj ven’era assai delli conseruati nella prima bontà”.

Karl Mayer, geologo svizzero, nel 1858 ha indicato un periodo di storia della terra, detto Pliocene, Piacenzische Stufe o Piano Piacenziano poiché caratterizzato dalle argille grigio-azzurre dello stratotipo visibile tra Monte Giogo a Lugagnano Val d’Arda e Castell’Arquato, comprese tra circa 3,6 e 2,6 milioni di anni fa.

 

Già dalla fine del Settecento, infatti, nei terreni argillosi dell’area orientale dell’Appennino piacentino, e in particolare lungo le ripide pareti dei Calanchi e nelle incisioni di piccoli rii tra i fiumi Nure e Arda, sono venute alla luce le testimonianze fossili del “mare pliocenico” che copriva il territorio e di cui i grandi scheletri di cetacei rappresentano le scoperte più interessanti.

 

Il maggior contributo alle conoscenze del Pliocene medio lo si deve, però, a Giuseppe Cortesi che creò nell’Ottocento una grande e importante collezione di reperti fossili locali e al quale oggi è dedicato il Museo Geologico di Castell’Arquato, nei locali dell’antico Ospedale Santo Spirito, dove si trovano i principali rinvenimenti fossili animali e vegetali della zona. Nella vallata sono ancora presenti resti di carattere paleontologico con voragini, rupi e Calanchi, colline di terreno argilloso; la vegetazione varia dalla flora appenninica a quella alpina con l’esistenza e la proliferazione di specie faunistiche protette.

I Calanchi, infatti, sono montagne erose che, per vari motivi di mancata stabilità data dalle frane, hanno continuato negli anni il processo di frantumazione con cedimenti continui del terreno e si possono facilmente osservare sulle colline della Val Chiavenna e lungo la strada che congiunge Castell’Arquato a Lugagnano Val d’Arda: la zona è ricchissima di fossili, come Solecurtus, Lunatia, Niso e Astraea, sia nelle forme più piccole dei molluschi che in quelle più grandi dei cetacei, da qui il nome della zona “Golfo delle balene”.